30 settembre 2005

Track 05 - Staring at the Sun

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Il volume del televisore era appena al di sotto della soglia del dolore, ma il vecchio non se ne curava. Una ragazza dai tratti asiatici (in carne ed ossa? Un avatar generato sinteticamente?) enumerava i mirabolanti pregi di chissà cosa, ottenendo scarsi risultati, almeno in quell’appartamento. Il vecchio accendeva il televisore ad un volume così alto esclusivamente per tenere a bada i pensieri (fauci aguzze) che lo assalivano sempre più di frequente.
Il sole non sembrava così pericoloso quel pomeriggio, visto attraverso i cristalli schermanti delle finestre. Se l’appartamento avesse avuto un balcone molto probabilmente si sarebbe affacciato senza precauzioni, fregandosene del rischio di melanomi e danni alla retina.
Invece quel buco non aveva balconi (meno male) perciò il vecchio doveva accontentarsi di starsene seduto a contemplare il secondo dei sette edifici gemelli che costituivano il complesso residenziale. Ricordi di spiagge assolate, di gocce di pioggia sulla pelle, di montagne incappucciate di neve invasero la sua mente come uno sciame di moscerini molesti, nonostante il televisore.
Qualcuno suonò il campanello (appena in tempo) salvando il vecchio dai suoi pensieri.
Zittì il televisore e urlò: “Entra pure, Samy.”
Guardò il ragazzino entrare, con sottobraccio il notebook.
“Non dovresti essere a casa a fare i compiti?” fece finta di rimproverarlo.
Samy gli mostrò il notebook come per giustificarsi e aggiunse: “Di là c’è un signore. Lui e la mamma stanno parlando.”
“Embe’?”
“Niente, sembravano tristi, tutti e due.”
Un’ombra scese sul viso del vecchio (ancora non sa niente) ma il ragazzino non se ne accorse, intento com’era a collegare il notebook alle prese nella parete.
I cattivi pensieri lo invasero di nuovo (se per qualche miracolo la fascia di ozono si rigenerasse Samy avrebbe lo stesso paura del sole; se il ph della pioggia tornasse neutro, Samy cercherebbe comunque di schivare le gocce; se invece dell’autunno mite di adesso tornasse l’inverno rigido Samy si lamenterebbe del freddo).
“Mi fai provare?”
Samy guardò il vecchio, sorpreso. Aveva sempre brontolato quando si era collegato alla Rete in sua presenza. Un po’ titubante gli porse l’i-glove e il visore facendogli vedere come indossarli e come usarli. “Dove vuoi andare?”
(via di qui) “Fammi vedere il tuo sito preferito.”

23 settembre 2005

Track 04 - If God Will Send His Angels

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Un mini appartamento al 12° piano di un complesso residenziale che comincia a mostrare segni di decadimento. Primo pomeriggio. Un sole caldo, fin troppo, entra dalle finestre, creando contrasti tra luce ed ombra. Ahmir, vestito in maniera anonima, e Rita sono seduti uno di fronte all’altra. Un tavolo li separa.
“E così sei venuto.”
“Non avevo molta scelta, mi pare.”
“Saresti potuto scappare, come al solito.”
“Scappare… proprio tu mi accusi di scappare.”
Ahmir si alza, va alla finestra, guarda all’esterno.
Il silenzio si prolunga, disturbato solo dall’audio di un televisore a tutto volume, proveniente dall’appartamento vicino, e dal rumore di un elicottero che sorvola la zona.
“Non vuoi sapere dove sono stata, cosa ho fatto in questi anni?”
Ahmir si volta per guardarla, lei non ricambia lo sguardo.
“Io vorrei sapere perché hai aspettato fino a questo momento per farti viva.”
Lei non risponde. Continua a fissare il tavolo. Ascoltando con attenzione si capisce che il televisore sta trasmettendo una televendita.
Ahmir studia l’ambiente, la tovaglia di plastica sul tavolo, scolorita e piena di tagli, il sofà mezzo sfondato, l’assenza di qualsiasi oggetto decorativo, a parte un piccolo crocifisso appeso al muro.
“Perché non sei venuta con me? Perché ti accontenti di questo…”
Rita solleva bruscamente lo sguardo.
“Proprio non capisci, vero?” Lo guarda intensamente, poi torna a fissare il tavolo. “No, non capisci.” Un pallido sorriso si disegna sul suo volto. “Ma del resto questa tua… ingenuità… è sempre stata il tuo punto di forza.”
Si alza anche lei, va al lavello e si riempie un bicchiere d’acqua.
Si sente il rumore di una chiave che gira nella porta d’ingresso.
“Mamma, sono tornato.”
“Samy, vieni. C’è una persona che devi salutare.”
Un ragazzino sui 13, 14 anni entra nella stanza. Si toglie il polveroso mantello phUV e lo posa sullo schienale della sedia dove prima era seduta Rita.
“Questo è… Johnny,” Ahmir trasale “un mio… vecchio amico.”
Samy stringe la mano irrigidita di Ahmir/Johnny, poi guarda Rita.
“Adesso puoi andare a fare i compiti.”
“OK mamma. Arrivederci Johnny.”
Johnny lo guarda andar via, senza dire niente.
“Oh Rita…” Johnny si siede.
Rita sposta il mantello phUV sul sofà e si siede anche lei. Stringe le mani di Johnny.
“Johnny, tu non sai…” Lacrime scivolano sulla sua faccia.

16 settembre 2005

Track 03 - MOFO

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“Willie, come hai detto che si chiama questo cesso dimenticato da Dio?”
“Gehenna, Ahmir.”
Mai una volta che si ricordasse il nome del posto dove si esibiva.
Gli diedi un’ultima controllata, trucco e vestiti erano a posto. Già dalla faccia gli scompariva quell’espressione annoiata e sprezzante, sostituita dal sorriso che riusciva inevitabilmente a catturare il pubblico.
“Vai, sei perfetto.”
Appena la gente lo riconobbe il silenzio carico di tensione esplose in un grido di giubilo.
Dalla mia posizione privilegiata dietro il palco potevo vedere tutto quello che succedeva, studiare il pubblico, sempre diverso eppure sempre uguale… tre adolescenti sull’orlo dello svenimento, una splendida rossa dallo sguardo smarrito, un uomo molto sexy dalla pelle olivastra, il barista, che stranamente non guardava il palco come il resto della discoteca ma sembrava avere occhi solo per la rossa…
La folla era in delirio, e come darle torto? Ahmir era unico, non avevo mai conosciuto una persona con il suo fascino, il suo carisma e il suo talento. Per un po’ ero stato infatuato di lui, penso fosse inevitabile, poi col tempo avevo cominciato a capire chi si nascondeva dietro il personaggio della popstar, e avevo deciso di lasciare perdere. Non che Ahmir disdegnasse le relazioni omosessuali, ero io che non avevo voglia di legarmi ad un bambino insoddisfatto, e solo. Così, mi ero lasciato doppiamente fregare, mi ero affezionato a lui ed ero diventato il suo babysitter, senza neanche la gratificazione di una bella scopata.
Certo non mi dispiacevano lo stipendio, il continuo viaggiare, la vita frenetica dello showbiz. Ma a volte mi ritrovavo a fantasticare di una vita ‘normale’, in cui Ahmir sarebbe stato semplicemente una star in TV.
Ahmir irruppe nel backstage, la prima parte dello spettacolo era finita. Si deterse il sudore, bevve un po’ di riequilibrante idrosalino, scambiò qualche battuta con i tecnici.
Ma c’era qualcosa che non andava.
Era come se evitasse il mio sguardo.
“Ahmir, dimmi che c’è.”
Sguardo da coniglio in trappola. “Nulla… ora devo tornare sul palco.”
Durante la seconda parte dello show mi lambiccai il cervello cercando di capire cosa potesse turbarlo, ma niente. Continuai a lambiccarmi anche durante la successiva festa nel locale più rinomato della città, finché tornati in albergo decisi di metterlo alle strette.
“Ahmir, deciditi a parlare.”
Di nuovo lo sguardo da coniglio braccato.
“Ahmir…”
“Sai chi ho visto in quella discoteca?”
Lo guardai. Chi diavolo poteva aver visto?
“Ho visto mia sorella.”
“Tua… sorella?!” Dire che rimasi sbalordito è poco. In tanti anni passati ad accompagnarlo da un impegno all’altro, sostenendolo, e a volte consolandolo, l’idea che potesse avere una sorella non mi aveva mai sfiorato neanche l’anticamera del cervello.
“È riuscita a lasciarmi un biglietto in camerino.”
Passeggiava su e giù per la stanza, giocherellando con le mani.
“Mi ha dato un appuntamento. Domani. Nel suo appartamento.”

09 settembre 2005

Track 02: Do You Feel Loved?

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Shelly era appoggiata al bancone del bar. Notò appena le tre ragazzine iper-truccate e ipo-vestite, finché non provarono a ordinare.
Invece di usare il touch screen, tentarono di parlare, ottenendo come unico risultato quello di sembrare dei pesci boccheggianti, le voci completamente annichilite dalla musica. Con un gesto stizzito il barista indicò loro il touch screen e le ragazzine si guardarono, indecise tra l'imbarazzo e il divertimento.
'Pivelle', pensò Shelly, quasi con affetto.
Finì con un sorso il suo drink e si diresse verso la pista, con il suo ancheggiare felino, pronta a fendere la folla invasata con leggera eleganza. Molte teste si voltarono al suo passaggio, uomini e donne in ugual numero. Lei era alta, fisico perfetto, occhi verdi e capelli rosso scuro.
Era bella ed era perfettamente consapevole di esserlo. E come poteva essere altrimenti? Dopo le interminabili ore di palestra per scolpire il corpo, gli interventi di chirurgia estetica per livellare i difetti, le lezioni di portamento e di danza…
Si accorse che un uomo, carnagione scura, muscoli scolpiti, labbra carnose, la stava guardando con qualcosa in più che semplice ammirazione. Decise di stare al gioco. Si avvicinò a lui e cominciarono a ballare, praticamente avvinghiati l’uno all’altra. La gente attorno li osservava, con bramosia, cercando di assorbire almeno il riflesso della sensualità che emanava dalla coppia.
L’uomo era sempre più provocante, stava cercando di portare la situazione oltre il punto di rottura. La musica finì e Shelly tirò un sospiro di sollievo, il caso l’aveva aiutata a disimpegnarsi prima che le cose precipitassero.
Mentre cominciava un altro brano lei sgattaiolò via. Raggiunse la porta delle toilette, socchiudendo gli occhi per via dei neon lividi che illuminavano la parte comune dei lavandini. Guardò distrattamente la propria immagine riflessa negli specchi, incurante degli sguardi di ammirazione, di invidia, anche di desiderio sessuale che le lanciavano le altre donne.
La musica era ridotta ad un rumore di fondo, che accompagnava i pensieri di Shelly. Chiuse gli occhi, lottando con se stessa per trattenere le lacrime.
Cristo, aveva tutto quello che aveva sempre desiderato, e ancora non era soddisfatta! Un uomo, incredibilmente sexy, l’aveva desiderata e lei era scappata. Cosa c’era che non andava?
Aprì gli occhi, fece finta di controllarsi il trucco e uscì dalla toilette, sperando di confondersi nella folla, nella semioscurità, nell’anonimità della discoteca. Ma anche questo suo desiderio doveva essere frustrato: mentre cercava di attraversare la pista, il silenzio calò sulla discoteca, che sembrava essersi cristallizzata nell'istante in cui la musica, ogni rumore era cessato.

02 settembre 2005

Track 01: Discothéque

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I ghirigori di luce laser erano già visibili in lontananza.
Jessie B sentì un fiotto di adrenalina entrare in circolo. Aveva passato tutto il pomeriggio a scegliere cosa mettersi e a truccarsi e non vedeva l'ora di esibire il frutto delle sue fatiche.
Di fianco a lei, la Franci e Keiko, ipnotizzate dalle arcane figure disegnate sulle nuvole.
Tutte e tre stringevano spasmodicamente tra le mani, leggermente sudate per la tensione, gli inviti, indispensabili per essere ammesse al Gehenna, il 'disco-tempio'. Il pensiero sgradevole di quello che avevano dovuto fare per ottenerli svanì dalla mente di Jessie B, soffocato dall'eccitazione.
Al di sotto dei fantasmagorici giochi di luce la Franci notò distrattamente lo squallido paesaggio suburbano, mucchi di immondizia ed edifici fatiscenti, la realtà di tutti i giorni, sfilare al di là dei finestrini del bus.
"Dobbiamo scendere", l'urgenza nella voce di Keiko fece scattare in piedi le altre due.
Le ragazze si unirono alla corrente che lentamente ma inesorabilmente fluiva verso lo scintillante ingresso del Gehenna. Si tenevano per mano, l'eccitazione quasi spodestata dalla paura di perdersi e rimanere sole, sole nella moltitudine di figure imbacuccate nei mantelli phUV, indistinguibili le une dalle altre.
Una bassa vibrazione, percepibile più con il corpo che con l'orecchio, sembrava emanare dalle viscere della discoteca, si insinuava nel subconscio e sussurrava il suo ipnotico messaggio.
Minuti dilatati in ore, spintoni, proteste, e finalmente il lettore a cui far ingoiare l'invito, una scheda magnetica con ologramma anti-contraffazione: Jessie B chiuse gli occhi e trattenne il respiro finché non le mancò il terreno sotto i piedi, segno che l'invito era stato accettato. Durante la discesa, avvolta in una soffocante oscurità interrotta da qualche sporadica lampadina, si tolse il mantello, disvelando il risultato di ore di preparativi.
La pedana s'arrestò bruscamente. La musica l'investì come un martello, il ritmo frenetico e i bassi penetranti dell'ultimo successo dance, destinato a durare poche settimane, come gli innumerevoli predecessori.
Jessie aspettò accanto all'ascensore l'arrivo della Franci e di Keiko, mentre il suo cervello cercava di venire a capo dell'overload sensoriale. Le turbinanti immagini di movimento e luce si risolsero: una pista assediata da corpi e teste ondeggianti, grottescamente contorte nella visione a frame provocata dalle stroboscopiche, fasci di luci multicolore resi solidi dall'aria satura di fumo, e vaghe forme appena accennate nella penombra circostante.
La Franci e Keiko emersero dall'ascensore. Si guardarono con occhi luccicanti, l'espressione di gioia assoluta resa vagamente crudele dal trucco pesante, e si diressero verso il bar.

01 settembre 2005

Si comincia...

Se un anno fa mi avessero detto che avrei avuto non uno, ma due blog, mi sarei messo a ridere e avrei liquidato la faccenda come un evento impossibile.
Invece, eccomi qui, sul mio secondo blog.
Non so se questo blog avrà vita lunga, dal momento che l'ho aperto primariamente per pubblicare (squillino le trombe, rullino i tamburi) i 12... boh, chiamiamoli racconti, che ho scritto prendendo come fonte di ispirazione secondaria PoP, il nono album di studio degli U2 (nono considerando anche Rattle&Hum), e le sue singole canzoni. Secondaria perché... no, ne parlerò nel post di chiusura ^__^
Ho già pubblicato questi racconti, sotto lo pseudonimo di PopTart, su it.fan.musica.u2, ottenendo risultati non molto lusinghieri, a dir la verità. Perciò, uno dei motivi della mia perseveranza nella pubblicazione in questa sede è probabilmente ricevere qualche giudizio un po' più positivo (considerando anche che secondo qualcuno i bloggers sono troppo ruffiani per dire male pubblicamente di un appartenente alla loro schiera ;-P ). A parte gli scherzi, sono assolutamente richiesti commenti di qualsiasi tipo, basta che rimangano entro i limiti della buona educazione ;-)
Pubblicherò, a partire da domani, un racconto alla settimana, accompagnandolo con un link ad una versione scaricabile della traccia corrispondente (formato AAC, compatibile almeno con Winamp 5 e Real Player One), per i pagani che non conoscono gli U2 e PoP.
Buona lettura!

(trivia: qualcuno mi sa dire la relazione tra il titolo del blog e la sua URL?)

Update: segnalo questo spassosissimo 'omaggio' al mio nuovo blog... :-)