04 novembre 2005

Track 10 - If You Wear That Velvet Dress

lyrics

Una leggera brezza le scompigliava dolcemente i capelli, mentre faceva finta di osservare il panorama appoggiata al parapetto. L’ordinario – e abbastanza squallido – paesaggio del porto era trasfigurato dall’oscurità, con il riflesso degli improbabili lampioni color indaco del molo industriale frammentato e moltiplicato dalla superficie appena increspata dell’acqua.
Mi avvicinai senza farmi sentire e le scostai i capelli dalla nuca, sfiorandole la pelle del collo con le labbra. Lei rabbrividì leggermente e si girò verso di me ridendo, ma con un’aria di sfida negli occhi.
“…e saranno guai.”
Christine mi fissò.
“Non era quello che stavi pensando? ‘Prova a rifarlo e saranno guai’?”
Mi abbracciò d’impulso, facendomi tornare in mente quasi con violenza il motivo per cui eravamo lì, motivo che la familiarità di quel gioco tra noi due mi aveva fatto dimenticare.
“Se le cose fossero andate diversamente…”
“Sai che era impossibile”, la anticipai. Avevamo fatto quel discorso milioni di volte, ma questa volta era diverso, totalmente diverso.
“Dai, rientriamo”, proposi, indicando la porta, un rettangolo oscuro che dava accesso alle scale, inspirando quasi con voluttà l’aria satura dell’odore del porto, un misto tra il salmastro del mare e l’acre della nafta.
“No, voglio stare ancora un po’ qui fuori”, disse, staccandosi da me e tornando ad appoggiarsi al parapetto. I raggi delle lampade al sodio che illuminavano le rimesse colpivano il muro, dando la vaga impressione che un sole stanco mandasse i suoi ultimi bagliori per rischiarare il piccolo balcone, prosciugandolo di tutti i colori diversi dal giallo.
Christine indicò il portatile abbandonato sul tavolino.
“Non hai più avuto notizie di…”
“…Max? No, oggi non si è fatto vivo… ‘vivo’, parola impegnativa per un’intelligenza artificiale.”
“Artificiale o no, è l’unico che forse può tirarti… tirarci fuori da questo casino.” Mi guardò, anzi, mi scrutò come se stesse esaminando una creatura extraterrestre. “Cristo, ci conosciamo da secoli e ancora mi chiedo come fai a sembrare sempre così… imperturbabile…”
Non dissi niente. La raggiunsi e mi affacciai accanto a lei, osservando la sua espressione, pensando a tutti i momenti passati insieme.
Non ero mai stato un grande lottatore, e lei lo sapeva, ma dirle chiaramente che ormai mi ero rassegnato, che non riuscivo più a vedere nessuno scopo nel proseguire su questa strada… No, meglio rimanere in silenzio, ad ammirare la luna che sorgeva.

2 Comments:

Anonymous Anonimo said...

triste..e commovente..proprio sentito :)
chiara

05 novembre, 2005 10:24  
Blogger SacherFire said...

Atmosfera completamente ovattata, che esprime il rammarico di cose che potevano essere.
L'imperturbabilità di alcuni, solo supposta a volta, che sembra frenare fin dal nascere un rapporto in realtà è quasi sempre una difficoltà ad esprimersi che potrebbe essere capita a poco a poco; essa rende ancor più della rassegnazione citata alla fine del racconto la difficoltà a vivere serenamente.
La musica rende molto queste atmosfere. In alcuni tratti è toccante.

07 novembre, 2005 12:13  

Posta un commento

<< Home