11 novembre 2005

Track 11 - Please

audio
lyrics

Il ragazzo sale sull’autobus, trasportando un involucro, avvolto in cartone marrone fermato da uno spago. Il ragazzo è piuttosto giovane, capelli biondi tagliati corti e una rada barbetta, e il tipico colorito rossastro di chi è troppo disinvolto con i raggi ultravioletti. Jeans consumati, un giubbotto messo appena meglio e un paio di scarpe da ginnastica. È un ragazzo come tanti, ma il modo in cui maneggia l’involucro, la sensazione che sia per lui qualcosa di prezioso, attirerebbe l’attenzione di un osservatore appena meno distratto dei pendolari assonnati che affollano l’autobus. Lo sguardo di Keiko si posa di lui, si sposta altrove, poi torna sul ragazzo. C’è qualcosa di affascinante in lui, qualcosa che va oltre il suo aspetto genericamente piacevole. Si chiede cosa ci sia nell’involucro, perché sia importante per il ragazzo. Una donna di origini indiane, forse pakistane, decisamente obesa, le occlude la vista, ma quando il campo visivo si libera, Keiko si accorge che il ragazzo la sta fissando. Ha gli occhi grigi, sottolineati dalle sopracciglia sottili che formano un angolo acuto, piuttosto che arcuarsi. Una sottile rete di rughe si allarga dal contorno degli occhi, dando un’aria come di saggezza ad un ragazzo poco più che ventenne, le stesse rughe appena accennate che circondano la bocca, suggerendo l’ombra di sorrisi passati.
Un suono fastidioso, una melodia banale eppure morbosamente ossessiva la distoglie dal ragazzo. Quasi con un moto di stizza, Keiko infila la mano nella tasca cucita sulla manica del mantello phUV ed estrae il cellulare.
“Pronto.”
È la sua amica Jessie B, che per l’ennesima volta le parla della serata al Gehenna, la voce rotta da un’emozione immutata ed immutabile, nonostante siano passati due giorni ed una trentina di telefonate. Emozione che condivide anche Keiko, ma non in questo momento. Sente ancora addosso lo sguardo del ragazzo, anche se non ha il coraggio di girarsi a guardarlo. Si sente stupida, e anche un po’ spaventata. Mentre la voce dell’amica le risuona stridula nell’orecchio, Keiko si interroga su quello che sta provando, facendo finta di seguire la conversazione emettendo ogni tanto un fonema senza particolare significato.
Il suono di una sirena che si avvicina comincia a sovrastare il rombo del motore e il brusio delle voci sull’autobus, e i passeggeri, incuriositi, si protendono verso i finestrini per cercarne l’origine. Keiko, che intanto ha riattaccato e con la coda dell’occhio ha ricominciato ad osservare il ragazzo, si accorge che lui - oltre lei, naturalmente - è l’unico che non si è lasciato distrarre dalla sirena ma, anzi, è ancora più concentrato su quello che trasporta.
Di nuovo la curiosità sul contenuto dell’involucro si affaccia nella mente della ragazza, ed è l’ultima cosa che prova, prima che la deflagrazione disintegri l’autobus e tutto quello che si trova in un raggio di 30 metri, compresa l’auto della polizia lanciata in un inutile e suicida inseguimento.

1 Comments:

Blogger SacherFire said...

Ammetto che sono dovuto andare a cercare tra i miei libri prima di commentare.
Questo racconto mi ricorda l'ultimo capitolo di Gente d'Irlanda, intitolato 'Un bel giorno per morire'. A prima vista la fine del racconto è più cruda del libro in quanto non si lascia spazio alla speranza che qualcuno si salvi. Come se fosse una cosa ineluttabile. In realtà il libro ha un finale amaro con la beffa che la ragazza per la quale poi l'attentatore causerà solo la propria morte non era l'amata Beth. Un bel libro e un bel racconto per parlare dell'amarezza della lotta nella bella Irlanda.

14 novembre, 2005 10:02  

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